IL LIBRO DEI MORMONI.
UN ALTRO TESTAMENTO DI GESU’ CRISTO.
DELLA CHIESA DI GESU’ CRISTO DEI SANTI DEGLI ULTIMI GIORNI.
ARTICOLI DI FEDE.
1°) Noi crediamo in Dio, il Padre Eterno, e nel suo figliolo Gesù
Cristo, e nello Spirito Santo.
2°) Noi crediamo che gli uomini saranno puniti per i loro propri peccati
e non per la trasgressione di Adamo.
3°) Noi crediamo che, mediante l’espiazione di Cristo, tutto il genere
umano può essere salvato con l’obbedienza alle leggi ed alle ordinanze
del Vangelo.
4°) Noi crediamo che i primi principi e le prime ordinanze del Vangelo sono:
primo, la fede nel Signore Gesu’ Cristo:
secondo, il pentimento:
terzo, il battesimo per immersione dei peccati:
quarto, l’imposizione delle mani per il dono dello Spirito Santo.
5°) Noi crediamo che un uomo deve essere chiamato da Dio. per profezia e
mediante l’imposizioni delle mani da parte di coloro che detengono l’autorità,
a predicare il Vangelo e ad amministrarne le ordinanze.
6°) Noi crediamo nella stessa organizzazione che esisteva nella chiesa primitiva,
cioè: Apostoli, Profeti, Pastori, Dottori, Evangelisti, ecc.
7°) Noi crediamo nel dono delle lingue, della profezia, della rivelazione,
delle visioni, delle guarigioni, dell’interpretazione delle lingue, ecc.
8°) Noi crediamo che la Bibbia è la parola di Dio, per quanto tradotta
correttamente, come crediamo pure che il Libro di Mormon è la parola
di Dio.
9°) Noi crediamo in tutto ciò che Iddio ha rivelato, in tutto ciò
che rivela ora, e noi crediamo che Egli rivelerà ancora molte cose grandi
ed importanti in merito al regno di Dio.
10°) Noi crediamo nel raduno letterale d’Israele e nella restaurazione
delle dieci tribù, che Sion (la nuova Gerusalemme) sarà edificata
nel Continente americano, che Cristo regnerà personalmente sulla terra,
la quale sarà rinnovata e riceverà la sua gloria paradisiaca.
11°) Noi reclamiamo il privilegio di adorare il Dio Onnipotente secondo
i dettami della nostra coscienza, e concediamo a tutti gli uomini questo stesso
privilegio, cioè che essi adorino come, dove o ciò che vogliono.
12°) Noi crediamo di doverci sottomettere ai re, ai presidenti, ai governatori
ed ai magistrati, di dover obbedire alle leggi, di onorarle e di sostenerle.
13°) Noi crediamo di dover essere onesti, fedeli, casti, benevoli e virtuosi,
e di fare il bene a tutti gli uomini. Infatti noi possiamo dire che seguiamo
l’ammonimento di Paolo – noi crediamo ogni cosa, speriamo ogni cosa,
abbiamo sopportato molte cose e speriamo di poter sopportare ogni cosa. Se vi
sono cose virtuose, amabili, di buona reputazione o degne di lode, queste sono
le cose a cui noi aspiriamo. (Joseph Smith).
LA TESTIMONIANZA DEL PROFETA JOSEPH SMITH.
La seguente narrazione è tratta dalla storia estesa e particolareggiata
redatta da Joseph Smith e descrive, con le sue stesse parole, alcuni degli eventi
più importanti che portarono all’istituzione della Chiesa di Gesù
Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni.
Io nacqui nell’anno del Signore 1805, il 23 dicembre, nel comune di Sharon,
Contea di Windsor, Stato del Vermont e si trasferì a Palmyra, Contea
di Ontario (oggi Wayne), nello stato di New York, quando io ero press’a
poco nel mio decimo anno. Circa quattro anni dopo l’arrivo a Palmyra,
mio padre si trasferì con la sua famiglia a Manchester, nella stessa
Contea di Ontario. Nel corso del secondo anno dopo il nostro trasferimento a
Manchester, nel luogo ove vivevamo vi fu un’insolita agitazione a proposito
della religione. Furono i Metodisti che iniziarono il movimento, ma esso divenne
presto generale fra tutte le sette in quella regione. In realtà, tutta
la regione ne sembrò affetta, e grandi moltitudini si unirono alle diverse
comunità religiose che crearono non poco subbuglio e non poca divisione
fra il popolo, gli uni gridando: “Vedete qui!” ed altri: “Vedete
là!”. Gli uni lottavano per la fede metodista, altri per i Presbiteriani
ed altri ancora per i Battisti. Poiché, nonostante il grande amore che
i convertiti a queste diverse fedi esprimevano al tempo della loro conversione,
e il grande zelo manifestato dal loro rispettivo clero, che era attivo nel creare
e nel promuovere questa scena straordinaria di sentimento religioso al fine
di convertire ognuno, come si compiacevano di affermare, qualunque fosse la
setta alla quale si unissero, però, appena i convertiti cominciarono
ad affiliarsi, gli uni ad un partito, gli altri ad un altro, si poté
constatare che i buoni sentimenti tanto dei ministri che dei convertiti erano
più apparenti che reali; poiché ne seguì una scena di grande
confusione e di animosità – ministro lottava contro ministro, e
convertito contro convertito; cosicché tutti i loro buoni sentimenti
reciproci, se mai ve ne furono, rimasero interamente sommersi da una querela
di parole e da una discussione di opinioni. A quel tempo io ero nel mio quindicesimo
anno. La famiglia di mio padre si affiliò alla comunità Presbiteriana,
e quattro di essi si unirono a quella chiesa, cioè, mia madre Lucy, i
miei fratelli Hyrum e Samuel Harrison e mia sorella Sophronia. Durante questo
periodo di grande agitazione, la mia mente fu indotta a serie riflessioni e
fu provata da una grande inquietudine; ma benché i miei sentimenti fossero
profondi e spesso pungenti mi tenni tuttavia in disparte da tutti questi partiti,
benché assistessi alle loro numerose riunioni ogni volta che l’occasione
me lo permetteva; coll’andar del tempo, la mia mente pendé piuttosto
verso la comunità metodista, ed io provai qualche desiderio di unirmi
a loro; ma così grandi erano la confusione e le lotte fra le diverse
confessioni, che era impossibile, per una persona giovane come me e così
inesperta di uomini e di cose, di giungere ad una sicura conclusione su chi
avesse ragione e chi avesse torto. La mia mente era talvolta eccitatissima,
talmente le grida e il tumulto erano grandi e incessanti. In mezzo a questa
guerra di parole e a questo tumulto di opinioni, io mi dicevo spesso: Che si
deve fare? Quale di tutti questi partiti ha ragione? O sono tutti quanti nell’errore?
E se uno di essi è giusto, qual è, come saperlo?
Mentre ero travagliato dalle estreme difficoltà causate dal conflitto
di questi partiti religiosi, stavo un giorno leggendo l’Epistola di Giacomo,
primo capitolo, versetto quinto, che dice: Se alcuno di voi manca di sapienza,
la chieda a Dio che dona a tutti liberalmente senza rinfacciare, e gli sarà
donata. Giammai alcun passo delle Scritture non penetrò con più
potenza nel cuore di un uomo, che questo non penetrasse allora nel mio. Sembrava
penetrare con grande forza in ogni sentimento del mio cuore. Vi riflettevo continuamente,
ben sapendo che se qualcuno aveva bisogno di sapienza da Dio, quello ero io,
poiché non sapevo come agire, e a meno di ottenere maggior sapienza che
non avessi allora, non lo avrei mai saputo; poiché gli insegnanti di
religione delle diverse sette interpretavano gli stessi passi delle Scritture
in modo così differente, che distruggevano ogni fiducia di appianare
la questione con un appello alla Bibbia.
LA SUA PRIMA VISIONE
Alla fine giunsi alla conclusione che dovevo o rimanere nelle tenebre e nella
confusione o altrimenti avrei dovuto fare come Giacomo, cioè chiedere
a Dio. Infine giunsi alla determinazione di “chiedere a Dio”, concludendo
che se Egli dava la sapienza a coloro che ne mancavano, e che dava liberalmente
senza rinfacciare, potevo tentare. Così, in accordo con questa mia determinazione
di chiedere a Dio, mi ritirai nei boschi per fare il tentativo. Era il mattino
di una bella giornata serena dell’inizio della primavera del 1820. Era
la prima volta in vita mia che facevo un simile tentativo, poiché, in
mezzo a tutte le mie ansietà, non avevo mai provato di pregare ad alta
voce. Dopo che mi fui ritirato nel luogo dove avevo precedentemente risoluto
di recarmi, essendomi guardato d’attorno e trovandomi solo, mi inginocchiai
e cominciai ad aprire i desideri del mio cuore a Dio. Lo avevo appena fatto,
che fui immediatamente sopraffatto da un certo potere che mi immobilizzò
completamente ed ebbe su di me un effetto così sorprendente da legare
la mia lingua, tanto che non potevo più parlare. Folte tenebre si addensarono
attorno a me, e mi sembrò per un che fossi condannato ad una improvvisa
distruzione. Ma, facendo tutti i miei sforzi per invocare Iddio di liberarmi
dal potere di questo nemico che mi aveva afferrato, e nel momento stesso in
cui ero pronto a sprofondare nella disperazione e ad abbandonarmi alla distruzione
– non ad una rovina immaginaria, ma al potere di qualche essere reale
del mondo invisibile, che aveva un potere così prodigioso come mai prima
lo avevo sentito in nessun essere – proprio in questo istante di grande
allarme, vidi esattamente sopra la mia testa una colonna di luce più
brillante del sole, che discese gradualmente fino a che cadde su di me. Era
appena apparsa, che mi trovai liberato dal nemico che mi teneva legato. Quando
la luce si fermò su di me, io vidi due Personaggi il cui splendore e
la cui gloria sfidano ogni descrizione, ritti sopra di me, a mezz’aria.
Uno di essi mi parlò, chiamandomi per nome, e disse, indicando l’altro:
Questo è il mio Bene-amato Figliuolo. Ascoltalo!
Il mio scopo, nell’andare a chiedere al Signore, era di conoscere quale
di tutte le sette fosse quella giusta, per sapere a quale dovevo unirmi. Non
appena dunque ebbi ripreso abbastanza possesso di me stesso per poter parlare,
chiesi ai Personaggi che stavano sopra di me nella luce quale di tutte le sette
fosse nella verità – ed a quale dovevo unirmi. Mi fu risposto che
non dovevo unirmi ad alcuna di esse, poiché erano tutte nell’errore;
e il Personaggio che si rivolse a me disse che tutte le loro professioni di
fede erano un’abominazione ai Suoi occhi; che quei maestri erano tutti
corrotti; che “essi si avvicinano a me con le loro labbra ma i loro cuori
sono lunghi da me; poiché insegnano per dottrine i comandamenti degli
uomini ed hanno una forma di religiosità, ma ne rinnegano la potenza”.
Mi proibì nuovamente di unirmi ad alcuna di esse e molte altre cose aggiunse
che non posso scrivere a questo tempo. Quando rinvenni, mi trovai steso sulla
schiena, rivolto verso il cielo. Alcuni giorni dopo aver avuto questa visione,
mi trovai in compagnia di uno dei predicanti metodisti che era assai attivo
nelle precitata agitazione religiosa; e conversando con lui di religione, colsi
l’occasione per fargli un racconto della visione che avevo avuto.
Fui grandemente sorpreso dal suo atteggiamento; egli trattò la mia comunicazione
non solo con la leggerezza, ma con grande disprezzo, dicendo che era tutta opera
del diavolo, che ai nostri giorni non v’erano più visioni o rivelazioni,
che a tutte queste cose erano cessate cogli apostoli, e che non ve ne sarebbero
mai più state. Trovai presto, però che il mio racconto aveva detestato
molta ostilità contro di me fra i ministri di religione, e ciò
fu causa di una grande persecuzione che continuò ad accrescersi; e benché
fossi un ragazzo sconosciuto, di appena quattordici o quindici anni, la cui
posizione nella vita era quella di un fanciullo senza importanza nel mondo,
pure uomini di alto ceto mi giudicarono abbastanza importante da eccitare contro
di me l’opinione pubblica e provocare un’accanita persecuzione;
e ciò fra tutte le sette: tutte si unirono per perseguitarmi.
“IN ACCORDO CON QUESTA MIA DETERMINAZIONE DI CHIEDERE A DIO, MI RITIRAI
NEI BOSCHI PER FARE IL TENTATIVO”.
“VIDI ESATTAMENTE SOPRA LA MIA TESTA UNA COLONNA DI LUCE”.
Ciò mi fece riflettere assai sia allora che in seguito, quanto fosse
strano che un fanciullo ignoto, di poco più di quattordici anni, condannato
per necessità a procacciarsi una magra esistenza col suo lavoro quotidiano,
fosse ritenuto tanto importante da attirare l’attenzione dei grandi delle
sette più popolari del giorno, destando in loro uno spirito di acuta
persecuzione e calunnia. Ma, strano o no, così era e mi fu spesso causa
di grande tristezza. Ciononostante, che io avessi avuto una visione era un fatto
sicuro. Da allora ho pensato spesso che dovevo sentirmi pressappoco come Paolo,
quando si difese dinanzi al re Agrippa e gli raccontò la visione che
aveva avuta, quando vide una luce e udì una voce; ma anche a lui ben
pochi cedettero; gli uni lo dicevano disonesto, gli altri pretendevano che fosse
pazzo; e fu motteggiato e oltraggiato. Ma tutto ciò non distrusse la
realtà della sua visione. Egli aveva avuto una visione; egli sapeva di
averla avuta, e tutte le persecuzioni sotto il cielo non potevano farci nulla;
e benché lo perseguitassero fino alla morte, tuttavia egli sapeva, e
avrebbe saputo fino al suo ultimo respiro, di aver visto una luce e udito una
voce che gli parlava, e il mondo intero non poteva fargli pensare o credere
altrimenti. Era lo stesso per me. Avevo proprio veduto una luce, e nel mezzo
di quella luce avevo visto due Personaggi; ed essi mi avevano realmente parlato;
e benché fossi odiato e perseguitato per aver detto di aver avuto una
visione, pure era vero; e mentre essi mi perseguitavano, mi oltraggiavano e
dicevano falsamente ogni sorta di male contro di me perché dicevo questo,
ero indotto a chiedermi in cuor mio: Perché perseguitarmi per aver detto
la verità? Ho realmente avuto una visione, e chi sono io per resistere
a Dio, e perché il mondo pensa di farmi negare ciò che ho visto
realmente? Poiché io avevo avuto una visione; io lo sapevo e sapevo che
Dio lo sapeva; non potevo negarlo, né avrei osato farlo; almeno sapevo
che ciò facendo avrei offeso Dio e sarei stato condannato. In quanto
alle comunità religiose ero ormai soddisfatto – non avrei dovuto
unirmi ad alcuna di esse, ma continuare com’ero, fino a che avessi ricevuto
nuove direttive. Avevo trovato che la testimonianza di Giacomo era vera –
che chi manca di sapienza poteva chiurla a Dio e ricevere una risposta, e senza
rimprovero.
LA VISITA DI MORONI
Continuai le mie occupazioni ordinarie fino al 21 settembre 1823, seguitando
a soffrire severe persecuzioni da parte di ogni categoria di persone, sia religiose
che irreligiose, perché persistevo nell’affermare che avevo avuto
una visione. Fra l’epoca della mia visione e l’anno 1823 –
essendomi stato proibito di unirmi ad alcuna delle sette religiose del tempo,
ed essendo ancora assai giovane e perseguitato da coloro che avrebbero dovuto
essere miei amici e trattarmi con bontà – e se pensavano che fossi
stato sedotto avrebbero dovuto cercare di ricondurmi a loro in modo adeguato
ed affettuoso – fui abbandonato ad ogni sorta di tentazioni; e, mischiandomi
con ogni genere di compagnie, caddi frequentemente in molti folli errori e detti
adito alle debolezze della giovinezza e alla fragilità della natura umana,
le quali, mi rattrista confessarlo, mi indussero in diverse tentazioni offensive
agli occhi di Dio. Se faccio questa confessione, niuno dovrà supporre
ch’io fossi colpevole di peccati gravi o di azioni maligne. Una disposizione
a commettere azioni simili non fu mai nella mia indole.
In conseguenza, mi sentivo spesso condannato per la mia debolezza e le mie imperfezioni,
ma la sera del precitato 21 settembre, dopo che mi fui ritirato per la note,
mi misi a pregare e a supplicare il Dio Onnipotente per ottenere il perdono
di tutti i miei peccati e delle mie follie, ed anche una Sua manifestazione,
affinché potessi conoscere il mio stato e la mia posizione dinanzi a
Lui; poiché avevo piene fiducia di ottenere una manifestazione divina,
come ne avevo già avute in precedenza.
Mentre ero così intento a invocare Iddio, mi avvidi di una luce che apparve
nella mia stanza e che continuò ad aumentare fino a che la camera fu
più luminosa che a mezzogiorno; e d’un tratto, un personaggio apparve
al mio capezzale, stando sospeso a mezz’aria, poiché i suoi piedi
non toccavano terra.
Aveva una veste ampia del candore più squisito. Era un candore che sorpassa
ogni bianchezza che avevo visto sulla terra; né credo che alcunché
di terrestre possa mai apparire così straordinariamente bianco e brillante.
Le sue mani erano nude, come pure le sue braccia, un po’ al disopra del
polso; così erano i suoi piedi, e le gambe, un po’ al disopra delle
caviglie.
La sua testa e il suo collo erano pure scoperti. Potei rendermi conto che egli
non aveva altro abito che questa veste, poiché essa era aperta sì
che potevo vedere il suo petto.
Non soltanto la sua veste era gloriosa oltre ogni descrizione, e il suo viso
veramente lucente come il lampo. La stanza era straordinariamente illuminata,
ma non tanto quanto immediatamente attorno alla sua persona. Quando in prima
lo vidi, fui spaventato; ma tosto il timore mi lasciò.
Mi chiamò per nome e mi disse che era un messaggero inviatomi dalla presenza
di Dio, e che il suo nome era Moroni; che Iddio aveva un’opera da farmi
compiere, e che il mio nome sarebbe stato conosciuto in bene e in male fra tutte
le nazioni, razze e lingue, e che se ne sarebbe parlato bene e male fra tutti
i popoli.
Disse che esisteva un libro scritto su tavole d’oro e contenente la storia
dei primi abitanti di questo continente e della loro origini. Disse pure che
in esso era stata data dal Salvatore a quegli antichi abitanti; Disse pure che
vi erano due pietre unite da archi d’argento, e che queste pietre, fissate
ad un pettorale, costituivano ciò che è chiamato l’Urim
ed il Thumim, e che esse si trovavano insieme alle tavole; e il possesso e l’uso
di queste pietre era ciò che costituiva i << veggenti >>
nei tempi antichi; e che Iddio le aveva preparate per tradurre il libro.
Dopo avermi detto queste cose, egli cominciò a citarmi le profezie dell’Antico
Testamento.
Citò dapprima una parte del terzo capitolo di Malachia; e citò
pure il quarto o l’ultimo capitolo della stessa profezia, benché
in modo leggermente diverso dalle parole delle nostre Bibbie. Invece di citare
il primo verso come è nel nostri libri, egli lo citò così:
Poiché ecco, il giorno viene che arderà come un forno, e tutti
i superbi, sì, tutti quelli che agiscono malvagiamente, saranno come
stoppia; poiché quelli che verranno li bruceranno, dice il Signore degli
Eserciti, talché non sarà loro lasciato né radici né
ramo. Ed ancora, egli citò il quinto verso così: Ecco, io vi rivelerò
il Sacerdozio, dalla mano di Elia, il profeta, prima della venuta del grande
e terribile giorno del Signore. Citò pure il verso seguente diversamente:
Ed egli pianterà nel cuore dei figli le promesse fatte ai padri, e il
cuore dei gigli si svolgerà ai loro padri.
“UN PERSONAGGIO (MORONI) APPARVE AL MIO CAPEZZALE… E MI DISSE…CHE
IDDIO AVEVA UNA OPERA DA FARMI COMPIERE”.
Se non fosse così la terra tutta intera sarebbe totalmente distrutta
alla Sua venuta. Citò oltre ciò l’undicesimo capitolo d’Isaia,
dicendo che stava per adempiersi. Citò pure il terzo capitolo degli Atti,
ventiduesimo e ventitreesimo versetto, precisamente come sono scritti nel nostro
Nuovo Testamento. Disse che quel profeta era il Cristo, ma che non era ancora
venuto il giorno in cui coloro che non avessero voluto ascoltare la Sua voce
sarebbero stati esclusi fra il popolo, ma che sarebbe venuto presto. Citò
pure il secondo capitolo di Gioele, dal ventottesimo verso fino all’ultimo
versetto. Disse pure che non era ancora adempiuto, ma che lo sarebbe presto.
E dichiarò per di più che la pienezza dei Gentili si sarebbe compiuta
presto. Citò molti altri passi delle Scritture e dette molte spiegazioni
che non possono essere menzionate qui. Inoltre mi disse che quando avrei ottenuto
quelle tavole di cui si era parlato – poiché non era ancora giunto
il momento in cui esse mi sarebbero state consegnate – non le avrei dovute
mostrare a nessuno; e neppure il pettorale con l’Urim ed il Thunim, salvo
a coloro a cui avrei ricevuto l’ordine di mostrarle; altrimenti sarei
stato distrutto. Mentre egli conversava così meco in merito alle tavole,
la visione si aperse alla mia mente, in modo che potei vedere il luogo ove le
tavole erano depositate, e ciò così chiaramente e distintamente
che riconobbi il luogo quando lo visitai. Dopo questa comunicazione, vidi che
la luce che riempiva la camera cominciava a raccogliersi immediatamente attorno
alla persona di colui che mi aveva parlato, e continuò ad avvicinarsi
a lui finché la stanza fu di nuovo lasciata nell’oscurità,
salvo attorno a lui; quando d’un subito vidi come un condotto aprirsi
verso il cielo, ed egli vi ascese finché scomparve completamente e la
camera rimase come era prima che apparisse quella luce celeste. Stavo coricato,
meditando sulla singolarità della scena, e grandemente meravigliato di
quanto mi era stato detto da questo straordinario messaggero, quando, nel mezzo
della mia meditazione, scoprii subitamente che la mia camera si andava di nuovo
illuminando, e in un istante lo stesso messaggero celeste fu di nuovo presso
il mio letto. Egli cominciò a ripetere le cose dette alla sua prima visita,
senza la minima variazione; dopodiché, mi informò di grandi giudizi
che avrebbero colpito la terra causando grandi desolazioni per carestia, spada
e pestilenza; e questi terribili giudizi avrebbero colpito la terra in questa
generazione. Dopo aver riferito queste cose, egli ascese di nuovo al cielo,
come aveva fatto prima. Dopo di ciò la mia mente fu così profondamente
impressionata da farmi perdere il sonno, e giacqui sopraffatto della meraviglia
di quanto avevo veduto ed udito. Ma quale non fu la mia sorpresa quando la vidi
di nuovo lo stesso messaggero al mio capezzale, e lo udii ripetermi ancora le
stesse cose di prima; mi mise in guardia, dicendo che Satana avrebbe cercato
di tentarmi (per via delle modeste risorse della famiglia di mio padre) ad ottenere
le tavole allo scopo di arricchirmi. Questo egli mi proibì, dicendo che
non dovevo avere nessun altro scopo in vista nell’ottenere le tavole che
la gloria di Dio, e che non dovevo essere influenzato da nessun altro motivo
che quello di edificare il Suo regno; altrimenti non avrei potuto ottenerle.
Dopo questa terza visita, egli ascese di nuovo al cielo come prima e fui di
nuovo lasciato a meditare sulla stranezza di quanto avevo appena sopravissuto;
quando, quasi immediatamente dopo che il messaggero celeste fu asceso da me
per la terza volta, il gallo cantò ed io scopersi che il giorno si avvicinava,
cosicché i nostri colloqui devono aver occupato interamente quella notte.
Poco dopo mi alzai dal letto come al solito e mi recai alle occupazioni giornaliere;
ma quando provai di lavorare come al solito, trovai che le mie forze erano così
esauste, da rendermi completamente in atto al lavoro. Mio padre, che lavorava
con me, si accorse che qualcosa non andava e mi invitò a rientrare in
casa. Presi il cammino di casa; ma quando volli scavalcare il recinto del campo
dove ci trovavamo, le forze mi vennero meno completamente e caddi impotente
a terra, e per un momento fui completamente privo di conoscenza. La prima cosa
di cui posso rammentarmi fu una voce che mi parlava, chiamandomi per nome. Guardai
in alto e vidi lo stesso messaggero ritto al disopra della mia testa, circolando
dalla luce, come prima. Mi riferì di nuovo tutto quanto mi aveva riferito
la notte precedente e mi ordinò di andare da mio padre e di raccontargli
la visione e i comandamenti che avevo ricevuto. Obbedii; ritornai presso mio
padre nel campo e gli ripetei tutto. Egli mi rispose che ciò veniva da
Dio, e mi disse di fare come mi era stato ordinato dal messaggero. Lasciai il
campo e mi recai nel luogo in cui il messaggero mi aveva detto che le tavole
erano depositate; e grazie alla ricchezza della visione che avevo avuta a loro
riguardo, riconobbi il posto all’istante stesso in cui vi arrivai.
I SACRI ANNALI
In prossimità del villaggio di Manchester, Contea di Ontario, New York,
si trova una collina di dimensioni considerevoli, la più elevata di tutte
quelle della contrada. Sul lato occidentale di questa collina, non lungi dal
vertice, sotto una pianta di grandezza rispettabile, giacevano le tavole, depositate
in una cassetta di pietra. Questa pietra era spessa ed arrotondata verso il
centro del lato superiore e più sottile verso gli orli, cosicché
la parte media ne era visibile sopra il terreno, mentre gli orli erano ricoperti
di terra; Avendo smosso la terra, mi procurai una leva, che fissai sotto l’orlo
della pietra, e con un lieve sforzo la sollevai. Guardai dentro, e là
infatti vidi le tavole, l’Urim e il Thurim ed il pettorale, come mi era
stato riferito dal messaggero. La cassetta in cui giacevano era formata da pietre
piatte, saldate insieme da una specie di cemento. Nel fondo della cassetta erano
poste due pietre a forma di croce, e su queste pietre giacevano le tavole e
le altre cose insieme con esse. Feci un tentativo per prenderle, ma ciò
mi fu proibito dal messaggero che mi informò di nuovo che il momento
di portarle alla luce non era ancora giunto, né lo sarebbe stato prima
di quattro anni da quella data; ma mi disse che sarei dovuto tornare in quel
luogo un anno preciso dopo quella data e che là ci saremmo incontrati,
e che avrei dovuto fare così fino al tempo in cui avrei potuto ottenere
le tavole. Per conseguenza, come mi era stato comandato, vi ritornai alla fine
di ogni anno, ed ogni volta vi trovai lo stesso messaggero, e ricevetti istruzioni
e schiarimenti ad ognuno dei nostri incontri in merito a quanto il Signore stava
per fare, e come ed in quale maniera il Suo regno sarebbe stato diretto negli
ultimi giorni. Siccome i mezzi di mio padre erano assai limitati, eravamo costretti
a lavorare manualmente, alla giornata o altrimenti, secondo l’occasione.
Talvolta eravamo a casa e talvolta fuori, e grazie ad un continuo lavoro eravamo
in grado di mantenere un tenore di vita abbastanza agitato. Nel mese di ottobre
del 1825 entrai al servizio di un vecchio signore che viveva nella Contea di
Chenango, New York, e che aveva nome Josiah Stoal. Per tutto il tempo ch’io
fui impiegato colà, presi pensione presso un certo Sig. Isaac Hale, di
Harmony, Susqehanna, Pennsylvania; fu là che incontrai per la prima volta
mia moglie (sua figlia), Emma Hale. Il 18 gennaio 1827 ci sposammo, mentre ero
ancora al servizio del Sig. Stoal. Immediatamente dopo il mio matrimonio, lasciai
l’impiego del Sig. Stoal e mi recai presso mio padre, e lavorai con lui
alla fattoria per quella stagione. Finalmente giunse il momento di ottenere
le tavole, l’Urim e il Thunim ed il pettorale. Il 22 settembre 1827, essendomi
recato, come alla fine di ogni anno, al luogo ove erano depositate, lo stesso
messaggero celeste me le consegnò con questo ammonimento: che ne sarei
stato responsabile; che se le avessi perdute per mia non curanza o negligenza,
sarei stato reciso; ma che se avessi invece usato tutti i mezzi per preservarle
fino a che egli, il messaggero, fosse venuto a riprenderle, esse sarebbero state
protette. Scopersi presto la ragione per cui avevo ricevuto ordini così
severi di tenerle al sicuro, e perché il messaggero aveva detto che,
dopo che avessi fatto tutto ciò che mi era ingiunto, egli sarebbe venuto
a riprenderle. Appena infatti fu noto che io le possedevo, furono compiuti gli
sforzi più strenui per strapparmele. A tale scopo si ricorse ad ogni
stratagemma che si potesse inventare. Le persecuzioni divennero più accanite
e più severe di prima, e molta gente era continuamente in agguato per
impadronirsene, se fosse stato possibile. Ma per grazia di Dio, esse rimasero
sicure nelle mie mani fino a che potei compiere con esse quanto era da me richiesto.
Quando, secondo gli accordi, il messaggero venne a reclamarle, io gliele rimisi;
ed egli le ha in suo possesso fino a questo giorno che è il 2 maggio
1838. L’agitazione, però, continuò ancora, e la calunnia
con le sue mille lingue si adoperava continuamente a mettere in circolazione
falsità sulla famiglia di mio padre e su me stesso. Se dovessi riferirne
la millesima parte, riempirebbe vari volumi. La persecuzione, però, divenne
così intollerabile che mi trovai nella necessità di lasciare Manchester
e di recarmi con mia moglie “FINALMENTE GIUNSE IL MOMENTO DI OTTENERE
LE TAVOLE”. Nella Contea di Susquehanna, Pennsylvania. Mentre mi stavo
preparando a partire – essendo assai povero e la persecuzione così
feroce su di noi che non v’era probabilità di migliorare la nostra
posizione economica – trovammo un amico nella persona di un signore chiamato
Martin Harris, che venne a trovarci e ci diede cinquanta dollari per aiutarci
nel nostro viaggio. Il Sig. Harris risiedeva nel comune di Palmyra, contea di
Wayne, New York, ed era un facoltoso agricoltore. Grazie a questo aiuto opportuno,
ebbi la possibilità di raggiungere il luogo della mia destinazione in
Pensylvania; e immediatamente dopo il mio arrivo colà, cominciai a copiare
i caratteri delle tavole. Ne copiai un numero considerevole e, per mezzo dell’Urim
e del Thunim, ne tradussi alcuni, il che feci fra il giorno in mese di febbraio
successivo.
Un giorno di questo mese di febbraio, il precisato Sig. Martin Harris venne
a casa nostra, prese con sé i caratteri che avevo trascritto dalle tavole
e si recò con essi alla città di New York. Per ciò che
accadde a lui ed ai caratteri durante questo viaggio, mi riferisco al suo stesso
racconto:
<< Mi recai nella città di New York e presentai i caratteri che
erano stati trascritti, con la loro traduzione, al professor Charles Anthon,
uomo celebre per le sue cognizioni letterarie. Il professor Anthon asserì
che la traduzione era corretta, più di quanto non avesse mai visto fino
ad allora in fatto di traduzioni dall’Egiziano.
Gli mostrai in seguito quelli che non erano ancora stati tradotti e disse che
erano Egiziani, Caldei, Assiri ed Arabi; e asserì che si trattava di
caratteri autentici. Mi dette un certificato, attestando al popolo di Palmyra
che erano caratteri autentici, e che la traduzione di quelli già tradotti
era pure esatta. Presi il certificato e lo misi in tasca, e stavo per lasciare
la casa, quando il professor Anthon mi richiamò e mi domandò in
quale modo il giovane avesse scoperto che delle tavole d’oro erano nascoste
nel luogo dove le aveva trovate. Risposi che un angelo di Dio glielo aveva rivelato.
Mi disse allora: < Fatemi vedere quel certificato >. Perciò lo
tirai fuori di tasca e glielo diedi, ed egli lo prese e lo stacciò a
pezzi, dicendo che ai nostri giorni non v’erano più apparizioni
d’angeli e cose simili, ma che se avessi voluto portargli le tavole, egli
le avrebbe tradotte. Lo informai che una parte delle tavole era sigillata, e
che mi era proibito di portargliela. Rispose allora: < Non posso leggere
un libro sigillato >. Lo lasciai e mi recai dal Dr. Michell, che confermò
quanto aveva detto il prof. Anthon in merito tanto ai caratteri quanto alla
traduzione >>.
Il 5 aprile 1829 Oliver Cowdery, che non avevo fino ad allora mai visto, venne
a casa mia. Mi raccontò di esser stato insegnante ove abitava mio padre,
e mio padre essendo uno di colore che mandavano i figli a scuola, Oliver era
stato per qualche tempo a pensione in casa sua; e mentre si trovava là,
la famiglia gli aveva raccontato in quali circostanze avevo ricevuto le tavole,
e per conseguenza era venuto ad informarsene presso di me. Due giorni dopo l’arrivo
del Signor Cowdery (il 7 aprile) io cominciai a tradurre il Libro di Mormon,
ed egli si mise a scriverlo per me.
COMINCIAI A COPIARE I CARATTERI DELLE TAVOLE.
LA RESTAURAZIONE DEL SACERDOZIO
Continuavamo ancora l’opera di tradizione quando, il mese seguente (maggio
1829), un certo giorno ci recammo nella foresta per pregare il Signore di spiegarci
il battesimo per la remissione dei peccati, che avevamo trovato menzionato traducendo
le tavole. Mentre eravamo così occupati, pregando ed invocando il Signore,
un messaggero dal cielo scese in una nuvola di luce, ed avendoci imposto le
mani, ci ordinò così, dicendo:
A voi, miei compagni di servizio, nel nome del Messia, io conferisco il Sacerdozio
di Aaronne che detiene le chiavi del ministero degli angeli, e del vangelo di
pentimento e del battesimo per immersione per la remissione dei peccati; e questo
non sarà mai più tolto dalla terra fino a che i figli di Levi
offrano di nuovo un’offerta al Signore in giustizia.
Disse che il Sacerdozio di Aaronne non aveva il potere di imporre le mani per
il dono dello Spirito Santo, ma che ci sarebbe stato conferito questo potere
più tardi; e ci comandò di andare a battezzarci, e ci dette istruzioni
che io battezzassi Oliver Cowdery e che egli poi battezzasse me. Perciò,
andammo e fummo battezzati. Io lo battezzai prima, ed in seguito egli mi battezzò;
dopo di che io imposi le mani sul suo capo e lo ordinai al Sacerdozio di Aaronne;
indi egli impose le mani su di me e mi ordinò allo stesso Sacerdozio
– poiché così ci fu ordinato. Il messaggero che ci visitò
in questa occasione e che ci conferì questo sacerdozio, disse che il
suo nome era Giovanni, lo stesso che è chiamato Giovanni Battista nel
Nuovo Testamento, e che agiva sotto la direzione di Pietro, Giacomo e Giovanni,
che detenevano le chiavi del Sacerdozio di Melchisedec, il quale Sacerdozio,
disse egli, ci sarebbe stato conferito a tempo debito, e che io sarei stato
chiamato il primo anziano della Chiesa ed egli (Oliver Cowdery), il secondo.
Fu il quindici maggio 1829 che noi fummo ordinati dalla mano di questo messaggero
e battezzati. Immediatamente dopo essere usciti dall’acqua dopo il nostro
battesimo, ricevemmo grandi e gloriose benedizioni dal nostro Padre celeste.
Avevo appena battezzato Oliver Cowdery che lo Spirito Santo scese su di lui
ed egli si levò e profetizzò molte cose che sarebbero avvenute
di lì a poco. E di nuovo, non appena io fui stato battezzato da lui,
ricevetti lo spirito di profezia e, ritto in piedi, profetizzai sul sorgere
di questa chiesa e molte altre cose relative alla Chiesa e questa generazione
dei figli egli uomini. Noi fummo riempiti dello Spirito Santo e gioimmo nell’Iddio
della nostra salvezza. La nostra mente essendo ora illuminata, cominciammo ad
avere le Scritture aperte al nostro intendimento, e il vero significato e l’intento
dei più misteriosi passi rivelati a noi come non sarebbe mai stato possibile
immaginare né fare prima. Nel frattempo, fummo costretti a tener segrete
le circostanze che ci fecero ottenere il Sacerdozio e il battesimo, causa lo
spirito di persecuzione che si era già manifestato nelle vicinanze. Di
tanto in tanto eravamo stati minacciati di venir malmenati dalla folla, e ciò
perfino da gente che si diceva religiosa. Le loro intenzioni violente furono
impedite soltanto dall’influenza della famiglia di mia moglie, che (per
Divina Provvidenza) mi era divenuta assai amichevole, e che, tenendo testa alla
plebaglia, insistete ch’io potessi continuare l’opera di traduzione
senza interruzione; e perciò ci offerse protezione e assistenza contro
tutti i soprusi, per quanto ciò stesse in loro potere. (Joseph Smith
2:3-75).
I TESTIMONI
Durante il nostro lavoro di traduzione ci rendemmo conto che il Signore avrebbe
provveduto a nominare tre testimoni speciali ai quali avrebbe concesso di vedere
le tavole dalle quali sarebbe stato tradotto il Libro di Mormon; e che questi
tre testimoni ne avrebbero resto testimonianza, come si troverà scritto
nel Libro di Mormon, Ether 5:2-4 e 2 Nefi 27:12. Quasi immediatamente dopo che
ebbimo fatto questa scoperta, sovvenne a Oliver Cowdery, David Whitmer e Martin
Harris di chiedermi che mi rivolgessi al Signore per sapere se avrebbero potuto
ottenere da Lui il privilegio di essere questi tre testimoni speciali. [Tale
richiesta fu fatta al Signore, e fu rivelato che i tre dovevano essere i testimoni
speciali]. Pochi giorni dopo, Martin Harris, David Whitmer, Oliver Cowdery ed
io convenimmo di appartarci nei boschi per cercare di ottenere, mediante fervide
ed umili preghiere, l’adempimento delle promesse fatteci- che essi avrebbero
potuto contemplare le tavole. Perciò scegliemmo un posto nei boschi in
prossimità della casa del Signor Whitmer, nel quale ci appartammo e,
dopo esserci inginocchiati, cominciammo a pregare con grande fede l’Onnipotente
Iddio di volerci accordare la realizzazione di queste promesse. Secondo gli
accordi presi in precedenza, io cominciai con una preghiera offerta ad alta
voce al nostro Padre Celeste e fui seguito da ciascuno degli altri in successione.
Tuttavia, al primo tentativo non ottenemmo alcuna risposta o manifestazione
di favore divino al nostro riguardo. Seguimmo di nuovo lo stesso ordine di preghiera,
ciascuna invocando e pregando fervidamente Iddio a turno, ma con lo stesso risultato
di prima. Dopo questo nostro secondo insuccesso, Martin Harris propose di allontanarsi
da noi, ritenendo, come dichiarò egli stesso, che la sua presenza fosse
la ragione per cui non avevamo ottenuto quanto desideravamo. Di conseguenza,
egli si allontanò, e noi ci inginocchiammo di nuovo; e non eravamo immersi
nella nostra preghiera che da pochi minuti quando vedemmo nell’aria sopra
di noi una luce sfolgorante; ed ecco, un angelo stette dinanzi a noi, tenendo
nelle sue mani le tavole. Egli voltò le pagine ad una, in modo che potessimo
vederle e discernere distintamente le incisioni su di esse. Egli poi si rivolse
a David Whitmer, e disse: << David, benedetto è il Signore e colui
che osserva i Suoi comandamenti >>; quand’ecco che, immediatamente
dopo, udimmo una voce proveniente dalla luce sfolgorante che ci sovrastava,
che diceva: << Queste tavole sono state rivelate per il potere di Dio.
La traduzione di quelle che avete veduto è corretta, ed io vi comando
di rendere testimonianza di ciò che ora vedete e udite >>.
ABBIAMO VEDUTO LE TAVOLE…E… RENDIAMO TESTIMONIANZA CHE QUESTE COSE
SONO VERE.
Lasciai allora David e Oliver e andai alla ricerca Martin Harris che trovai
ad una distanza considerevole, fervidamente intento a pregare. Egli mi disse
subito però che non era ancora riuscito a farsi esaudire dal Signore,
e mi chiese pressantemente di unirmi a lui nella preghiera affinché egli
pure potesse ricevere le stesse benedizioni che noi avevamo testè ottenuto.
Ci unimmo dunque nella preghiera e alla fine vedremmo esaudito il nostro desiderio
poiché, prima ancora di aver finito, la stessa visione si aprì
davanti ai nostri occhi, o almeno fu di nuovo aperta davanti a me, ed io vidi
e udii una volta ancora le stesse cose, mentre nello stesso momento Martin Harris
gridò, apparentemente in preda ad un’estasi di gioia: “Basta
così, basta così,! I miei occhi hanno veduto; i miei occhi hanno
veduto”. E saltando egli gridava “Osanna”, benedicendo Iddio
e rallegrandosi immensamente. Avendo così ottenuto queste meravigliose
manifestazioni per la misericordia di Dio, rimaneva ora a questi tre individui
di adempiere il comandamento che avevano ricevuto, ossia di portare testimonianza
di queste cose; e al fine di soddisfare questo obbligo essi redassero e sottoscrissero
il documento seguente:
LA TESTIMONIANZA DEI TRE TESTIMONI.
Sia reso nato a tutte le nazioni, famiglie, lingue e popoli, a cui giungerà
questa opera: Che noi, per grazia di Dio Padre e di nostro Signore Gesù
Cristo, abbiamo veduto le tavole che contengono questi animali, che sono la
storia del popolo di Nefi e dei Lamaniti, loro fratelli, ed anche del popolo
di Giared, che venne della torre di si è parlato. E sappiamo pure che
sono state tradotte per dono e potere di Dio, poiché la Sua voce ce lo
ha dichiarato; pertanto sappiamo con certezza che l’opera è autentica.
Noi attestiamo pure che abbiamo viste le incisioni che sono sulle tavole; e
ci sono state mostrate per il potere di Dio, e non dell’uomo. E dichiariamo
con semplicità che un angelo di Dio scese dal cielo e portò e
pose le tavole dinanzi ai nostri occhi, perché potessimo guardarle e
vederle con le loro incisioni. E sappiamo che è per grazia di Dio Padre
e di nostro Signore Gesù Cristo che noi vedemmo e che rendiamo testimonianza
che queste cose sono vere. Ed è prodigioso ai nostri occhi. Nondimeno
la voce del Signore ci comandò di darne testimonianza; per cui, onde
essere obbedienti ai comandamenti di Dio, rendiamo testimonianza di queste cose.
“JOSEPH SMITH JUN…., CI HA MOSTRATE LE TAVOLE … E DIAMO I
NOSTRI NOMI AL MONDO, PER TESTIMONIARE A TUTTI CIò CHE ABBIAMO VEDUTO”.
E sappiamo che, se saremo fedeli a Cristo, purificheremo le nostre vesti del
sangue di tutti gli uomini e saremo trovati senza macchia dinanzi al tribunale
di Cristo, e dimoreremo eternamente con Lui nei cieli. E ne sia resa gloria
al Padre, al Figlio ed allo Spirito Santo, che sono un solo Iddio. Amen. Oliver
Cowdery David Whitmer Martin Harris Poco dopo il verificarsi di questi eventi
fu ottenuta la seguente testimonianza addizionale.
LA TESTIMONIANZA DEGLI OTTO TESTIMONI
Sia reso noto a tutte le nazioni, famiglie, lingue e popoli, a cui giungerà
questa opera: Che Joseph Smith, Jun., traduttore di questa opera, ci ha mostrate
le tavole di cui si è parlato, ed hanno l’apparenza d’oro;
e che abbiamo tenuto con le nostre mani i fogli che detto Smith ha tradotti;
e inoltre ne abbiamo veduto le incisioni, le quali hanno tutte l’apparenza
di un’opera antica, di singolare fattura. E rendiamo testimonianza, con
semplicità, che il detto Smith ce le ha mostrate, poiché le abbiamo
vedute e soppesate, e sappiamo con certezza che il detto Smith ha ricevuto le
tavole di cui abbiamo parlato. E diamo i nostri nomi al mondo, per testimoniare
a tutti ciò che abbiamo veduto. E non mentiamo, Dio ce ne sia testimone.
Christian Whitmer, Jacob Whitmer, Peter Whitmer, Jun. John Whitmer, Hiram Page,
Joseph Smith, Sen. Hyrum Smith, Samuel H. Smith. Divenimmo poi ansiosi di veder
realizzata la promessa fattaci dall’angelo che ci aveva conferito il Sacerdozio
di Aaronne, e cioè che, se fossimo rimasti fedeli, avremmo ricevuto anche
il Sacerdozio di Melchisedec il quale detiene l’autorità di imporre
le mani per il dono dello Spirito Santo. (Il Profeta in seguito dichiarò
che il Sacerdozio di Melchisedec fu ricevuto più tardi per mano di Pietro,
Giacomo e Giovanni, in luogo situato lungo le rive del fiume Susquehanna, tra
Harmony, Contea di Susquehanna, Pennsylvania, e Colesville, Contea di Broome,
New York).
“IL SACERDOZIO DI MELCHISEDEC FU RICEVUTO PER MANO DI PIETRO, GIACOMO
E GIOVANNI”.
L’ISTITUZIONE DELLA CHIESA.
Mentre il Libro di Mormon era nelle mani del tipografo, continuammo a portare
testimonianza e a fornire opportunità; facemmo pure conoscere ai nostri
fratelli che avevamo ricevuto il comandamento di organizzare la Chiesa. Di conseguenza,
in numero di sei, ci radunammo per questo proposito nella casa del signor Peter
Whitmer, Sen., martedì 6 aprile dell’anno di nostro Signore 1830.
Dopo aver aperto la riunione con una solenne preghiera al nostro Padre celeste,
procedemmo secondo il comandamento ricevuto in precedenza ad interpellare i
nostri fratelli per sapere se essi ci accettavano come loro insegnanti nelle
cose del regno di Dio, e se erano soddisfatti che dovessimo procedere ad organizzarci
come chiesa, secondo il suddetto comandamento che avevano ricevuto. Essi acconsentirono
con voce unanime a tutte queste proposte. Allora io posi le mani su Oliver Cowdery
e lo ordinai anziano della “Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli
Ultimi Giorni”; dopo di che egli ordinò anche me all’ufficio
di anziano di detta chiesa. Poi prendemmo il pane, lo benedicemmo e lo spezzammo
insieme a loro. Prendemmo anche il vino, lo benedicemmo e lo abbiamo bevuto
insieme a loro. Imponemmo quindi le mani su ogni singolo membro della Chiesa
presente affinché tutti potessero ricevere il dono dello Spirito Santo
ed essere confermati membri della Chiesa di Cristo. Lo Spirito Santo si riversò
su di noi in grande abbondanza – alcuni profetizzarono, e tutti lodarono
il Signore e gioirono grandemente. Procedemmo poi alla chiamata e all’ordinazione
di altri fratelli a diversi uffici del sacerdozio, secondo le manifestazioni
mandateci dallo Spirito; e dopo aver trascorso felicemente un po’ di tempo
insieme testimoniando e sentendo personalmente il potere e le benedizioni dello
Spirito Santo per la grazia di Dio che si era riversata su di noi, aggiornammo
la riunione con la gioiosa conoscenza che ognuno di noi era ora membro riconosciuto
da Dio della “Chiesa di Gesù Cristo”, organizzata secondo
i comandamenti e la rivelazione che Egli ci aveva dato in questi ultimi giorni,
come pure secondo l’ordine della Chiesa di cui è scritto nel Nuovo
Testamento. Questa è la semplice e diretta testimonianza di Joseph Smith,
che illustra alcuni degli eventi che portarono all’istituzione della Chiesa
di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni. Poco dopo l’istituzione
della Chiesa, egli ed i suoi seguaci si trasferirono dallo Stato di New York
a Kirtland, nell’Ohio (vicino a Cleveland). Là fu edificato un
bellissimo tempio, si dette inizio ad una vasta opera missionaria, e la Chiesa
fece un gran numero di proseliti. Tra le missioni istituite in questo periodo
ci fu quella del Missouri, e proprio nel Missouri si trasferì in seguito
il grosso della Chiesa. Quella era un’epoca di intolleranza religiosa,
e ben presto contro i Santi degli Ultimi Giorni fu suscitato un accesso antagonismo.
La plebaglia li privò dei loro beni, ed essi furono obbligati a trasferirsi,
abbandonando le loro case, i loro terreni diligentemente coltivati ed i loro
luoghi di culto. Essi si rifugiarono nell’Illinois dove, dopo tante tribolazioni,
trovarono cordiale ospitalità. Essi acquistarono un grosso appezzamento
di terreno paludoso in un luogo desolato lungo il fiume Mississipi; lo prosciugarono
e vi edificarono quella che divenne poi la più popolosa città
dell’Illinois: Nauvoo, la bella. L’opera di proselitismo sia in
America che Inghilterra accrebbe grandemente il loro numero, e per qualche tempo
essi prosperarono. Ma la pace di Nauvoo non durò a lungo. Di nuovo l’accanita
intolleranza religiosa portò alla persecuzione. Joseph Smith e suo fratello
Hyrum furono imprigionati sotto false accuse a Chartage, Illinois. Quivi, mentre
erano in attesa di processo sotto la protezione dello Stato, furono uccisi a
colpi di fucile il 27 giugno 1844 da facinorosi che, per mascherarsi, si erano
tinto il volto di nero. Brigham Young succedette alla guida della Chiesa. Sotto
la sua direzione i Santi degli Ultimi Giorni lasciarono l’Illinois ed
effettuarono il loro storico viaggio per raggiungere le Montagne Rocciose dove,
grazie ai loro sforzi e alla loro fede, essi sono diventati un grande popolo.
Oggi centinaia di migliaia di persone di molti paesi del mondo ricordano Joseph
Smith come un profeta di Dio. Le virtù ed i successi di coloro che hanno
accettato la sua testimonianza si ergono come un monumento della sua divina
chiamata. La Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni ha le
sue fondamenta nelle rivelazioni che egli ricevette, nelle sacre verità
che egli insegnò e nell’autorità del sacerdozio restaurato
per suo tramite. (Brani tratti da Joseph Smith 2:3-75 e dall’opera History
of the Church of Jesus Christ of Latter-day Saints, Salt Lake City: Deseret
Book Company, 1967, 1:2-79).
IL PROGRESSO ETERNO
Guida allo studio:
La vita preterrena: molte persone si sono chieste: << Esistevamo prima
di nascere su questa terra? Perché ci troviamo quaggiù? Dove andremo
dopo la morte? >> La risposta a queste domande è stata rivelata
dal nostro Padre nei cieli. Non siamo letteralmente Suoi figli. Vivevamo con
Lui come spiriti prima di nascere. Eravamo esseri distinti, da Lui per molti
aspetti. Egli era molto più progredito di noi spiritualmente e noi non
avevamo un corpo fisico come il suo. Per metterci in grado di diventare più
simili a Lui, il nostro padre nei cieli preparò un piano che ci permettesse
di vivere sulla terra.
Ulteriori argomenti di studio:
Siamo figli di Dio: Atti 17:29; Romani 8:16.
Prima di nascere su questa terra vivevamo con il nostro Padre nei cieli: Ecclesiaste
12:7; Geremia 1:5; Giovanni 9:2; Ebrei 12:9; Alma 13:1-13 (pagg. 227-229).
Possiamo diventare simili al nostro Padre nei cieli: Salmi 82:6; 12:44; Romani
8:17; 2° Corinzi 3:18; 1° Giovanni 3:2.
LA VITA SULLA TERRA.
In questa vita terrena ci vengono fornite possibilità di diventare simili
al nostro Padre celeste. Quando vediamo la luce su questa terra il nostro spirito
entra il in un corpo fisico. Sebbene il nostro corpo sia mortale e imperfetto,
riceverlo è il primo passo per ottenere un corpo glorificato e immortale,
simile a quello del nostro Padre. Questa vita è anche un periodo di prova
e di preparazione. Non avendo alcun ricordo della nostra vita preterrena, dobbiamo
agire per fede. Sopportiamo difficoltà e prove e superandole acquisiamo
molte caratteristiche del nostro Padre. Egli ci dà dei comandamenti per
indicarci la via che dobbiamo seguire per realizzare il nostro fine, ma siamo
liberi di scegliere se obbedire o disobbedire e siamo tenuti responsabili delle
nostre scelte e delle nostre azioni.
Ulteriori argomenti di studio:
Lo scopo della vita sulla terra è di operare per diventare simili al
nostro Padre nei cieli: Matteo 5:48; Atti 14:22; Filippesi 2:12; 2° Pietro
1:4; Alma 12:24 (pag.226); Alma 34:31-32 (pag.284); Abrahamo 3:25 (pagg. 38-39).
Mediante il processo in cui siamo messi alla prova possiamo progredire e svilupparci:
Giobbe 23:10; Romani 5:3; Ebrei 12:9; Giacomo 1:12.
Siamo liberi di scegliere se obbedire o disobbedire: 2° Nefi 2:27-29 (pag.96);
Helaman 14:30-31 (pag.393).
LA VITA DOPO LA MORTE.
Poiché il nostro corpo è mortale ognuno di noi deve morire. Questa
morte fisica fa parte del piano mediante il quale il nostro corpo imperfetto
e mortale viene reso perfetto ed immortale. Alla morte il nostro spirito lascia
il corpo fisico, ma vive ancora e viene portato nel mondo degli spiriti. Là
noi attendiamo la risurrezione e il giudizio. Gesù Cristo insegnò
che per essere salvati nel regno dei cieli bisogna accettarlo ed essere battezzati.
Ma milioni di persone lasciano questa vita senza aver sentito parlare del Salvatore.
Nel mondo degli spiriti il Vangelo sarà predicato a tutti coloro che
sono morti senza aver avuto la possibilità di accettare Gesù e
il suo vangelo.
Ulteriori argomenti di studio:
Quando terminiamo il nostro spirito viene portato alla sua dimora presso Dio:
Ecclesiaste 12:7; Alma 40:11-14 (pag. 297) Il Vangelo viene predicato a coloro
che si trovano nel mondo degli spiriti: Giovanni 5:25, 28; 1° Pietro 3:18-19;
1° Pietro 4:6; Dottrina e Alleanze 138 (pagg. 260-263)
LA VITA ETERNA.
Quando risuscitiamo riceviamo un corpo perfetto e immortale e dimoriamo in uno
stato di gloria. Il grado della nostra gloria dipenderà dalla nostra
fedeltà in questa vita. Se siamo stati fedeli e meritevoli ci troveremo
con il nostro Padre nella gloria celeste. Coloro che ricevono questa gloria
conosceranno una pienezza di gioia. Coloro che non accettano il vangelo di Cristo
e non si pentono dei loro peccati riceveranno un minor grado di gloria. Durante
questa vita terrena Dio ci dà il potere di procreare dei figli. La procreazione
è un dono sacro, e divino. Dio ha stabilito delle norme elevate perché
essa venga controllata nell’ambito del rapporto coniugale. Partecipando
alla creazione della vita e allevando e guidando i nostri figli in rettitudine
possiamo diventare più simili al nostro Padre. Il matrimonio e i rapporti
familiari non terminano necessariamente con la morte. Per mezzo del profeta
Joseph Smith Dio ha rivelato che le famiglie possono essere suggellate insieme
per l’eternità. Questa sacra cerimonia è celebrata nei templi
sotto l’autorità del sacerdozio.
Ulteriori argomenti di studio:
Nella risurrezione vi saranno diversi gradi di gloria: Giovanni 14:2; 1°
Corinzi 15:40-41; 2° Corinzi 12:2; Filippesi 3:21; Dottrina e Alleanze 88:18-32
(pagg. 146-147). Il potere di mettere al mondo dei figli è un dono sacro:
Genesi 1:27-28; Salmi 127:3-5 Le famiglie possono essere eterne: Matteo 16:19;
1° Corinzi 11:11.
I COMANDAMENTI DI PUREZZA EMANATI DA DIO.
Dio ci ha dato delle leggi che governano il sacro potere di procreare e ha indicato
le punizioni che subiscono coloro che ne abusano. Egli ci ha comandato di trattenersi
dell’avere rapporti carnali fuori del vincolo del matrimonio. Gesù
insegnò che anche i pensieri impuri ci rendono contaminati e indegni
e comportarci con modestia nell’agire, nel parlare e nel vestire.
“NON COMMETTERE ADULTERIO” (Esodo 20:14).
Dio ci ha insegnato che sotto ogni aspetto dobbiamo trattare il nostro corpo
come un sacro tempio. Per aiutarci a comprendere questo principio Egli rivelò
a Joseph Smith una legge di salute nota come Parola di Saggezza. Non dobbiamo
fare uso di alcool, tabacco, caffè, tè ed altre sostanze dannose.
Tali sostanze sono nocive al nostro corpo e influiscono negativamente sul nostro
spirito. La Parola di Saggezza contiene consigli sui cibi sani che dobbiamo
consumare. Il Signore promette a coloro che obbediscono a questa legge che godranno
di migliorare salute e troveranno grandi tesori di saggezza, forza e protezione
divina. Godremo di maggiore felicità in questa vita e ci dimostreremo
degni di grande gioia nella vita a venire.
LA PAROLA DI SAGGEZZA:
Astenersi da: Alcool, Tabacco, Caffè, Tè, Sostanze dannose.
Ulteriori argomenti di studio:
Ci è stato comandato di evitare il peccato carnale o “alcunché
di simile”: Matteo 5:28; Matteo 19:16-18; Alma 39:3-5 (pagg. 294-295);
Dottrina e Alleanze 59:6 (pag. 95).
Dobbiamo mantenere puri anche i nostri pensieri: Matteo 5:28; Matteo 15:19-20;
Mosia 4:30 (pag. 144) Coloro che trasgrediscono la legge di castità devono
pagarne il prezzo: 1° Corinzi 3:16-17; 1° Corinzi 6:9; Helaman 4:24
(pag. 367).
MORONI:
E quando riceverete queste cose, vorrei esortarvi a domandare a Dio, Padre Eterno,
nel nome di Cristo, se queste cose non sono vere; e se lo chiederete con cuore
sincero, con intento reale, avendo fede in Cristo, egli ve ne manifesterà
la verità mediante il potere dello Spirito Santo.
E mediante il potere dello Spirito Santo voi potrete conoscere la verità
di ogni cosa.
E ogni cosa che è buona, è giusta e vera; pertanto nulla che sia
buono nega Cristo, ma riconosce che egli è.
E mediante il potere dello Spirito Santo potete sapere che egli è; pertanto
vorrei esortarvi a non negare il potere di Dio; poiché egli opera con
potere, secondo la fede dei figlioli degli uomini, nello stesso modo oggi, domani,
e per sempre.